Sono venuto a chiamare i peccatori

Leggiamo Mc 2,13-17. Gesù chiama Levi e partecipa al banchetto che Levi offre ai pubblicani suoi colleghi. Il che gli provoca un rimprovero da parte degli scribi e dei farisei. A sua volta, Gesù dichiara apertamente qual’è è il suo atteggiamento verso i peccatori.

1. Gesù chiama Levi. – «13Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. 14Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì» (Mc 2,13-14).
Dopo la chiamata dei primi quattro discepoli (1,16-20) «la folla» si avvicina sempre più numerosa intorno a Gesù ed egli continuamente la evangelizza. – Segue la chiamata di «Levi» raccontata da Marco – e la tradizione già prima di lui –in modo stilizzato ed esemplare formula con lo stessissimo schema stilizzato della chiamata dei precedenti quattro discepoli, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Si ha il vedere, «vide», di grazia da parte di Gesù; il successivo «Seguimi» di richiesta, infine l’obbedienza immediata, «si alzò, lo seguì». – Al posto di «Levi», nel testo parallelo di Mt 9,9 si ha «Matteo il pubblicano», l’autore del “Vangelo secondo Matteo”. – «Seduto al banco delle imposte», cioè nella sua attività abituale di riscuotitore delle imposte. Queste riguardavano le mercanzie che entravano e uscivano da Cafarnao, come anche quelle di transito da Cafarnao territorio di Erode Antipa e di Filippo, tetrarca della Traconitide. Cafarnao infatti era città di confine, di dogana e di expatrio; quindi, molto importante.

2. Partecipa al banchetto offerto da Levi. «15Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. 16Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?» (Mc 2.15-16).
Levi, per dare un lieto addio alla sua attività, offre un banchetto per i suoi – diventati ormai – ex colleghi e soprattutto a Gesù insieme con i suoi quattro discepoli.
Intervengono «gli scribi dei farisei», forse scribi diventati farisei, e gli chiedono risolutamente: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Lo scandalo è del tutto naturale nei farisei che ci tenevamo molto a non stare vicino ad altri, che non conoscevano né la Tora né le varie prescrizioni orali che circolavano; consideravano gli altricome ‘am ha’ares, “popolo della terra” (Es 4,4). Si pensi agli charedim, gli ebrei ortodossi di oggi che hanno le treccioline di capelli dalle tempie.

3. Spiega lo scopo della sua venuta. – «Udito questo, Gesù disse loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccator”i» (Mc 2,17).
La sostanza dell’obiezione e della risposta si ha più volte nei Vangeli. Per esempio. «Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”» (Lc 15,1-2); e, in questo caso, Gesù raccontò le tre parabole della misericordia (cf anche Lc 19,7.9-10).
Nel nostro testo Gesù risponde con un proverbio: non hanno bisogno del medico i sani, ma gli ammalati. Per far concludere: se quei pubblicani e peccatori sono spiritualmente ammalati hanno proprio bisogno di me, il medico; e il medico sa esporsi alle malattie contagiose pur di guarire un ammalato. – Poi, in poche parole esplicite, Gesù presenta sé stesso nella sua dignità e missione: «il Figlio dell’uomo» preannunciato in Daniele 7,13-14; «venne (élthen)» sulla terra, «a cercare e a salvare ciò che era perduto», chi si era perduto col peccato. Altrove dirà: «Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45; Mt 20,28).

Conclusione. Ascoltiamo Paolo. «Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io» (1Timoteo 1,15). Sentiamoci peccatori e anche chiamati come Levi, per essere apostoli della misericordia divina.

P. Giuseppe Crocetti sss