Perché io, lo Sposo, sono con loro

Leggiamo Mc 2,18-22. Come già nei due testi precedenti, anche qui siamo alla presenza di una critica contro Gesù: «non digiunano». Ad essa Gesù risponde presentando un nuovo aspetto della sua persona: «perché lo sposo è ancora con loro». I versetti ultimi (2,21-22) ampliamo la qualifica di “sposo”.

1. Non digiunano. – «I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”» (Mc 2,18).
Il digiuno per motivi religiosi era molto stimato e praticato ai tempi di Gesù, specialmente dai «farisei». Nel nostro testo ai farisei che digiunavano si erano associati pure «i discepoli di Giovanni», dei quali diciamo una parola. Anche da fonti profane sappiamo che la personalità del Battista si era imposta ai suoi coetanei, tanto che si formerà subito un gruppo intorno a lui, quello precisamente dei suoi «discepoli». Ciò era avvenuto già durante la vita del Battista: mentre era in carcere nella fortezza del Macheronte, «per mezzo dei suoi discepoli» volle informarsi se Gesù era «colui che deve venire» (Mt 11,2). Circa 20 anni dopo Paolo trova circa dodici discepoli che avevano ricevuto solo «il battesimo di Giovanni» (At 19,3). La loro presenza è attestata alla fine del primo secolo (cf Gv 3,29) e anche dopo. – La Torà, la legge ebraica, imponeva solo un digiuno all’anno, nello yôm kippùr, nel giorno della solenne espiazione: «Questa sarà per voi una legge perenne: nel settimo mese, nel decimo giorno del mese, vi umilierete…» (Lv 16,29.31), cioè digiunerete. In realtà, anche ai tempi di Gesù si digiunava spesso. La pratica del digiuno, che fa da base alla discussione, era molto diffusa anche ai tempi della Chiesa apostolica, creando delle discussioni tra i cristiani e gli altri. «I vostri digiuni non siano fatti contemporaneamente a quelli degli ipocriti; essi infatti digiunano il secondo e il quinto giorno della settimana, voi invece digiunate il quarto e il giorno della preparazione» (parasceve = preparazione, il venerdì). Così prescrive la Didaché, un libretto cristiano della fine del primo secolo, contemporaneo alla redazione del Vangelo di Giovanni. Quindi, anche dal punto di vista diciamo giudaico, sia Gesù che i suoi discepoli non trasgredivano nessun comando.

2. Non digiunano perché lo Sposo è fra loro. – «19Gesù disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno”» (Mc 2,19-20).
«Gli invitati a nozze», traduce il semitismo ben chuppà, cioè “i figli della sala nuziale”, gli gli amici che lo sposo ha invitato alle sue nozze. Nel nostro caso sono per ora i cinque discepoli che Gesù ha direttamente chiamati per farli suoi discepoli, suoi amici. Ebbene, questi individui non possono certo digiunare quando il banchetto nuziale è in atto e sono insieme allo sposo nella festa nuziale. La ragione unica è nel fatto che «lo sposo è con loro», quindi, che partecipano alle feste nuziali che si stanno svolgendo.
Gesù, quindi, qualifica sé stesso come «lo Sposo». Questo titolo già indica il tenero amore che lega Gesù ai suoi. Per quanto poi riguarda la ricchezza del messaggio, c’è da notare che Gesù assegna a sé stesso una qualifica che l’Antico Testamento usa per Jahvè. « 4Non temere… 5Poiché tuo sposo è il tuo creatore, / Signore degli eserciti è il suo nome; / tuo redentore è il Santo d’Israele, / è chiamato Dio di tutta la terra» (Is 54,5). E ancora: «Sì, come un giovane sposa una vergine, / così ti sposeranno i tuoi figli; / come gioisce lo sposo per la sposa, / così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5).

3. I simbolismi del «vino nuovo in otri nuovi». – «21Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. 22E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!». – Vino nuovo in otri nuovi! «Ecco, faccio nuove tutte le cose » (Ap 21,5). Gesù, lo «Sposo» nostro, ci mette in clima di festa e ci dà la grazia di rispondere col nostro amore al suo tenero amore: «Ecco lo sposo! Andategli incontro» (Mt 25,6). «Sospir dell’alma mia, / Sposo, Signor, che fia /Nel tuo superno amplesso!» (A. Manzoni, Frammento d’Inno: Prima della comunione ).

Conclusione. La liturgia accenna a Gesù «Sposo» quando ci invita a ricevere la comunione: «Beati gli invitati alla Cena del Signore». Essa riprende Ap 19,9 che però dice: «Beati gli invitati al banchetto delle nozze (eis tò dèipnon toù gàmau) dell’Agnello». Somma bontà divina! Preghiamo: «Sei mio; con Te respiro! / Vivo di Te, gran Dio! / Confuso a Te col mio / Offro il tuo stesso amor » (A. Manzoni. Frammento d’Inno: Dopo la comunione).

G. Crocetti sss