Il terreno produce spontaneamente…

Leggiamo Mc 4,26-34. E’ una parabola-similitudine che si ha solo in Narco.

1. La semina. «Diceva: “Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno…» (Mc 4,26).
Verso ottobre-novembre l’agricoltore consegna alla terra il grano della semina. Egli è certo che il comando di Dio si realizzerà: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme… » (Gen 1,11). Il miracolo si ripete in ogni stagione.

2. Il germogliare e crescere. «…dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,27).
Dopo aver seminato, l’uomo non è più in grado di influire sul seme che ha seminato. Deve solo lasciar il tempo al tempo perché agisca sul seme. E questo continuamente cresce e germoglia. Nella parabola del seme (4,3-9) mancava questa particolare attenzione sul tempo che va dalla semina alla mietitura e ciò ci aiuterà alla comprensione della parabola nel suo insieme. Qui è cenrale.

3. Lo forza intrinseca che porta il seme alla piena maturazione. «28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura”» (Mc 4,26-29).
Continua la descrizione della crescita, rilevandone il progressivo sviluppo che va dallo stelo, alla spiga e al chicco maturo. Tutto ciò avviene automàte, di proprio impulso, di forza che continuamente si sprigiona dal campo. E una forza amica che rende possibile tanto sviluppo. – « quando il frutto è maturo» non c’ altro che passare alla mietitura. – La «falce» può indicare il giudizio. E’ forse meglio non allegorizzarla, lasciandola come strumento che fa parte della narrazione parabolica.

4. Il messaggio. La parabola non ha un’applicazione esplicita; dice solo che essa riguarda il regno: «Così è il regno di Dio». Tale regno è vicino, bisogna entrarvi, vivervi secondo le sue esigenze, tendere al «regno di Dio» (14,25) nella sua fase definitiva. La nostra parabola ci dice l’azione divina accompagna questo nostro itinerario, che non siamo soli, che una forza automatica, che Paolo chiama «grazia» ci accompagna e ci fa crescere. « 6Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. 7Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere» (1Cor 5,6-7). E’ questa crescita sotto l’azione divina che la parabola vuole sottolineare.
La conclusione. La prendiamo dall’esortazione di Giacomo: «7Siate dunque costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. 8Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina» (Gc 5,7-8). Siamo generosi nell’impegno, «lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12).

5. La parabola del granello di senape (Mc 4,30-32). «30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra» (Mc 4,30-32).
Questa parabola sottolinea in primo piano il contrasto tra la piccolezza del seme di senape e il suo sviluppo successivo in una pianta del genere. Questo contrasto si realizza in forza della persona e dell’opera di Cristo che agisce nell’individuo e nella comunità cristiana.

Le parole conclusive. «33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa» (Mc 4,33-34). – « annunciava loro la Parola, come potevano intendere». Ovviamente, Gesù si rivolgeva alle folle (4,2), adattandosi alla loro capacità ricettiva. I discepoli ne ricevevano la spiegazione (4,10-12), preparandoli così al loro compito di annunciatori e maestri.

Conclusione. «Crescete nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen» (2Pt 3,18).

P. Giuseppe Crocetti sss